Un’occhiata alla Storia tra posta e filatelia
Ci sono periodi, nella storia, in cui gli avvenimenti hanno una valenza maggiore. Ci sono decisioni che si ripercuotono sul destino di milioni di persone per anni e anni. Ci sono battaglie che, seppur meno sanguinose di altre, con meno uomini sul campo, con meno mezzi bellici in opera, ottengono risultati definitivi. C’è un paese nelle Marche che è stato teatro di una di queste battaglie.
Castelfidardo, 18 settembre 1860: una data che non ha una risonanza molto forte nella memoria collettiva degli italiani. Infatti le immagini contenute nei foglietti Fatti d’arme emessi per festeggiare il 150° anniversario dell’Unita d’Italia non la ricordano.
La vittoria del generale Enrico Cialdini, alla guida del IV Corpo d’Armata dell’esercito piemontese, portò alla liberazione delle Marche e al congiungimento del regno sabaudo al regno delle Due Sicilie, conquistalo da Garibaldi, e fu preludio della fine del potere temporale pontificio. Le battaglie combattute nel biennio 1859-1861 ebbero lo scopo puramente nazionale di unificare la Penisola.
Castelfidardo invece oltre a contribuire egregiamente all’unità d’Italia fu responsabile di quell’effetto morale e politico che da allora ai giorni nostri, ha ricondotto la Chiesa a gestire il potere religioso, lasciando quello temporale in altre mani. Non si vuole in questa sede disquisire sulla positività o negatività di tale effetto. Ogni lettore ha la capacità di trarre le proprie conclusioni. Ciò che si vuole rimarcare è che una conseguenza di così grande importanza storica non può essere misconosciuta. La vittoria dell’Esercito piemontese portò inevitabilmente a un cambiamento anche in campo postale. I francobolli pontifici furono subito sostituiti da quelli sardi ma nelle Marche conservarono la loro validità fino al 30 settembre 1860.
Sono note però anche lettere affrancate con bolli sardi prima del 30 settembre, poiché le direzioni postali erano state dotate dei nuovi francobolli già da 15 giorni. Fino al 15 ottobre le tariffe postali restarono quelle pontificie ma convertite nella nuova valuta, la lira, subito entrata in circolazione, dal momento che quelle sarde vennero introdotte soltanto dal 16 ottobre. Anche la consuetudine pontificia di scontare la tassa con francobolli frazionati venne tollerata in questo periodo di transizione, nonostante non fosse normalmente permessa dall’amministrazione piemontese.
Cinquant’anni dopo quella battaglia – per l’esattezza cinquantadue, il 18 settembre 1912 – fu inauguralo i! monumento che la celebrava, dedicato al generale Enrico Cialdini e ai suoi uomini. Lo scultore veneziano Vito Pardo lo realizzò in bronzo fuso a cera persa; con i suoi 6 metri di altezza e 12 di lunghezza divenne il più imponente monumento commemorativo in Italia. Suggestiva la scena. Da una montagna di massi di travertino bianco emergono figure appena accennate nel marmo per divenire poi, nel bronzo, sempre più grandi e reali fino ad arrivare alla figura più alta e meglio definita del generale Cialdini a cavallo, che incita i suoi soldati all’attacco. E per la prima volta il generale e i suoi soldati sono posti sullo stesso piano, uniti come in battaglia.
II modello originale dell’opera, in grandezza naturale, limitato al generale Cialdini e ai primi soldati, è in mostra permanente al Museo centrale del Risorgimento, al Vittoriano di Roma. Avendo dimenticato la battaglia tra i “Fatti d’Arme” del 150° dell’Unità, ricordarsi del centenario del monumento che lo celebra sarebbe un giusto risarcimento: e basterebbe anche un annullo, stavolta figurato, sulla scia di quelli die in passato hanno celebrato lo storico evento.
L’autrice ringrazia Eugenio Bruno Bolleri, Piero e Mario Leonardi, Federico Matassoli e Luigi Sirotti per la gentile concessione di alcune immagini.
Rosalba Pigini